Gli incubi frequenti influenzano l’età biologica: lo afferma un nuovo studio

incubi frequenti

Fare serenamente un’intera notte di riposo potrebbe fare la differenza fra invecchiare con lentezza o vedere l’orologio biologico correre.

Un recente lavoro presentato al Congresso 2025 dell’European Academy of Neurology di Helsinki evidenzia infatti che i brutti sogni frequenti si associano a un’accelerazione dei processi cellulari legati all’età — e persino a un rischio triplicato di spegnersi prima dei 75 anni.

Incubi e orologio biologico: un collegamento inatteso

Gli studiosi, guidati da Abidemi I. Otaiku del Dementia Research Institute britannico, hanno messo in relazione la frequenza degli incubi con due indicatori chiave dell’età biologica: la lunghezza dei telomeri e tre “orologi” epigenetici (DunedinPACE, GrimAge, PhenoAge).

Dalle analisi emerge che chi sperimenta episodi onirici angoscianti su base settimanale mostra telomeri più corti e letture epigenetiche che segnalano un organismo in avanti negli anni rispetto alla carta d’identità.

Secondo l’équipe, circa il 39% del legame fra sogni terrificanti e decessi precoci sarebbe spiegato proprio da questo invecchiamento cellulare anticipato, alimentato da stress notturno e interruzioni del ciclo del sonno.

Un’indagine su larghissima scala

Per arrivare a queste conclusioni sono stati osservati oltre 4.200 adulti fra 26 e 74 anni e 2.500 bambini fra 8 e 10 anni. Ogni partecipante ha riportato la propria esperienza con gli incubi, mentre i ricercatori hanno monitorato gli esiti sanitari nell’arco di 18 anni.

Nel periodo di follow-up si sono registrati circa 230 decessi antecedenti il settantacinquesimo compleanno. L’analisi statistica, corretta per fattori noti come sedentarietà, abitudine al fumo e sovrappeso, indica che la sola presenza di sogni spaventosi ricorrenti possiede un potere predittivo della mortalità ancor più marcato di questi tradizionali campanelli d’allarme.

Lo stesso gruppo anglosassone aveva già segnalato, in ricerche precedenti, che gli incubi in mezza età si collegano a declino cognitivo e futura demenza. Il nuovo studio estende il quadro, puntando il dito anche sull’aspettativa di vita.

Strategie per spegnere la notte agitata

Gli autori ricordano che il loro è uno studio di associazione: la catena causa-effetto rimane da confermare. Restano, però, valide le raccomandazioni per chi desideri dormire più serenamente e proteggere il proprio benessere complessivo.

Fra gli interventi suggeriti: percorsi di terapia mirati con professionisti del sonno; igiene pre-notturna rigorosa, evitando thriller o videogiochi ansiogeni prima di coricarsi; alimentazione leggera nelle ore serali; riduzione di caffeina e alcol.

Questi accorgimenti possono diminuire l’attivazione del cortisolo, l’ormone dello stress che interferisce con il sistema immunitario, favorisce l’aumento di peso e grava sull’apparato cardiovascolare.

Otaiku e colleghi auspicano approfondimenti che chiariscano se modulare gli incubi possa tradursi in un rallentamento misurabile dell’età biologica. Per il momento il messaggio è chiaro: coltivare un sonno senza paure potrebbe essere un investimento prezioso sulla longevità.

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