Perché ci piace (o non ci piace) il sapore piccante del peperoncino?

Perché ci piace (o non ci piace) il sapore piccante del peperoncino?

Un dibattito si è acceso attorno a uno studio che indica come il consumo di cibi piccanti durante viaggi notturni possa essere la chiave per combattere la fatica della guida. Questo perché tali alimenti avrebbero la capacità di attivare il metabolismo, aumentare la concentrazione e migliorare lo stato d’animo. Queste dichiarazioni, provenienti dal Regno Unito, sollevano però dubbi su un possibile fine commerciale e promozionale, caratteristico di un ambiente di disinformazione legato a certi prodotti alimentari.

Dario Bressanini, chimico e divulgatore scientifico, nel suo libro “Fa bene o fa male?” ha messo in evidenza che queste affermazioni potrebbero non essere sempre pienamente valide, anche per il fatto che una semplice correlazione non è alla base della dimostrazione di un vero legame di causa ed effetto. Ha spiegato come, nel campo della nutrizione, della dieta, delle malattie e del benessere umano, le correlazioni siano comuni, ma non necessariamente indicative di relazioni causali. Secondo Bressanini, la tendenza umana a cercare cause, piuttosto che a trovarle, rende queste associazioni meno sorprendenti, nonostante il frequente dibattito sugli effetti benefici dei cibi piccanti sulla salute.

Quello che è universalmente riconosciuto riguardo a questa particolare bacca è l’unicità dell’uomo nell’apprezzare e cercare l’esperienza del calore intenso che si avverte dopo averla assaggiata. Questa predilezione, però, divide: si può amare o non apprezzare, influenzati in maniera significativa dalla propria personalità.

Certi aspetti del carattere, come la propensione a cercare sensazioni intense o una maggiore sensibilità verso le gratificazioni, sono collegati all’attrazione verso il sapore piccante del peperoncino e al consumo frequente di cibi speziati. Infatti, alcuni entusiasti arrivano a sfidarsi in gare in cui si mangiano quantità di ghost pepper, tra i peperoncini più piccanti esistenti, utilizzato anche per creare spray anti-aggressione.

Ma quale è la fonte di questa “tortura” voluta? Si tratta della capsaicina, l’ingrediente attivo dei peperoncini piccanti, che stimola i recettori del trigemino nella bocca, provocando quella nota sensazione di bruciore. Questo effetto è mediato dal quinto nervo cranico, che è responsabile della percezione di dolore, bruciore, freddo e irritazione, ad esempio quando si mangia una caramella alla menta o si taglia una cipolla.

Una stimolazione di questo tipo genera un’intensa liberazione di endorfine. È proprio l’effetto eccitante di queste sostanze a rendere il peperoncino un noto afrodisiaco, capace di riscaldare il corpo e scatenare un insieme di emozioni.

Una teoria ben stabilita indica che questo tipo di masochismo “benigno” derivi dal fatto che un leggero disagio, se sperimentato in un contesto di sicurezza, può risultare stimolante. Questo principio spiega l’attrazione verso attività come il paracadutismo, la visione di film horror e, appunto, il consumo di cibo piccante. Ciascuno, dunque, trova il proprio tipo di “dolce tortura”. Alla fine, è questione di gusti.

Foto da Unsplash